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Il sistema durò, praticamente immutato, per secoli. Ancora nel Medioevo l'illuminazione artificiale si affidava alle lampade e alle torce ad olio e a cera, collocate in serie lungo le pareti per creare zone illuminate. Godevano di un'illuminazione più accentuata gli edifici religiosi, mentre nelle case ci si accontentava della luce del focolare. Bisogna arrivare al 1801, all'ingegnere ed inventore Philippe Lebon, per la novità: egli aveva scoperto il grande potenziale del gas illuminante e presentò pubblicamente la sua termolampada, funzionante con il gas proveniente dalla distillazione del legno, aveva il duplice ruolo di riscaldamento e illuminazione. Il metodo cominciò ad essere utilizzato in campo domestico e nelle fabbriche, 6 anni dopo la presentazione della termolampada Londra si dotava di tredici lampioni a gas.
In Italia i primi studi e tentativi di utilizzare l'illuminazione pubblica sono del 1818, quando Giovanni Aldini diede vita ad un progetto per illuminare il Teatro alla Scala di Milano, ma il tentativo riuscito è del 1832, anno incui si illuminò a gas la Galleria de Cristoforis a Milano. La città di Napoli cominciò ad illuminare alcune strade pubbliche con lampade a gas nel 1840, mentre nel 1847 anche Roma ottenne l'autorizzazione dal governo pontificio ad usare l'illuminazione a gas. Con la scoperta dell'elettricità e la sua utilizzazione per l'illuminazione, nel 1879 Thomas Edison iniziò una nuova era perfezionando la lampada ad incandescenza. Lo sviluppo e la diffusione del sistema furono enormi e nel 1822 la città di New York installò il suo primo sistema di illuminazione pubblica con lampade a filamento incandescente.
L'Italia illuminò, nel 1884, Piazza Duomo e Piazza della Scala a Milano; successivamente videro la luce (è il caso di dirlo) i tubi di scarica che verranno impiegati per le insegne luminose. Da qui in poi è stato un continuo evolversi delle tecnologie per la luce, con lampadine sempre più efficienti e in tipologie diverse, anche se c'è il rovescio della medaglia: Charles Czeisler, del dipartimento di Medicina del sonno della Harvard Medical School ha pubblicato sulla rivista "Nature" uno studio che dimostrerebbe gli effetti deleteri sull'uomo dello stare svegli oltre la soglia fisiologica del corpo umano che per gli adulti è mediamente di sei ore di sonno. Probabilmente la verità sta nel mezzo: dormire poco non è saggio, bisogna far buon uso delle tecnologie a nostra disposizione.
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